4.7.07

Madonna della melagrana (Madonna Dreyfus)
Washington, National Gallery of Art, 1469-1470 circa, olio su tavola, cm 15,7 x 12,8

Dopo qualche problema attributivo (Lorenzo di Credi, bottega di Andrea del Verrocchio), questa tavoletta è stata restituita alla mano di Leonardo. La collocazione delle figure – testa e aureola del Bambino a parte – è tipicamente leonardesca. Scriveva nel Trattato della Pittura: “quando vuoi ritrarre uno, ritrailo a cattivo tempo, sul far della sera, facendo stare il ritratto con la schiena accosto a uno de’ muri di essa corte. Pon mente per le strade sul fare della sera ai visi di uomini e di donne, quando è cattivo tempo, quanta grazia e dolcezza si vede in essi. Adunque tu, pittore, avrai una corte accomodata co’ muri tinti di nero.” La corte, in quanto spazio all’aperto, va inoltre ricoperta da una tenda per avere il “lume buono” e la “perfetta aria”. Di certo è di Leonardo la delicatezza degli incarnati e la scelta dei colori delle vesti, e anche se Madonna e Bambino non sembrano molto legati tra loro, né psicologicamente né quanto a gesti, sono innegabili molti tratti che rinviano alla successiva Madonna del garofano. Da osservare la mano della Vergine e il diadema che porta al collo, ad esempio, e le pieghe della carne sul braccio del Bambino. Il paesaggio sullo sfondo è troppo pedemontano/belliniano (sembra che Leonardo fosse appena rientrato da un viaggio a Treviso, in compagnia del Verrocchio), ma già le montagne appaiono sfumate e scolorite dalla densità dell’aria.

Madonna della Melograna

Scorci di Ferrara

Melograna

Questo splendido frutto va scomparendo per l'insipienza del consumatore: troppa fatica per sbucciarlo, separare le pellicine, sgranare i chicchi. Il suo frutto è ritenuto simbolo d'amore. Esistono molte leggende su di esso: una racconta che i grani fossero originariamente bianchi, e che divennero rossi quando Lucifero cadde nell'inferno. Sono di legno di melograno le verghe dei rabdomanti; ed ancora le verghe di quegli specialisti che si dedicano alla ricerca di tesori, ma per questi ultimi è anche necessario che conoscano le precise formule magiche, ed i rituali adatti per il ritrovamento.
I contadini — per avere più frutti — accendevano della paglia umida sotto l'albero, in modo che il fumo potesse investire tutta la chioma; questa operazione — pena la nullità — va fatta nella fatidica notte di San Giovanni.
Appendendo una melograna aperta sul letto di un neonato si potrà star certi che lo spinto maligno che sorveglia quella casa nulla potrà fare al piccino: infatti quando il malefico si porterà vicino, conterà i chicchi, e non avrà così il tempo per adoperare le sue arti malvagie. Esistono diverse varietà di melograni, tra i quali quello agro, detto car-tasiu; ed il ranatu a denti di cavaddu, perché ha i chicchi grossi e lunghi. Nella cucina rinascimentale e francese i grani del frutto costituivano un ricco contorno per gli arrosti di carne. Ancora oggi, in Sicilia, per quanto raramente, vi è chi utilizza i grani quale insolita ed armoniosa decorazione per gelatine ed insalate; ed il succo per la preparazione di certi piatti di anguille. Tipica infine la granatina . Molto note le melagrane di Giarratana.
Maria Celia, Carlo Alberto, Luigi Alberto, Diego Martin & Maria Giuseppa Melograna

Diego Martin, María Celia, María José

Punica Granatum

Fruto di Melograno

Il Melograno (Punica granatum L.) appartiene alla Famiglia delle Punicaceae, genere Punica, specie P. granatum (per la produzione di frutti).
E' una specie originaria dell'Asia Occidentale.
Il frutto è una bacca carnosa, denominata balausta, con buccia spessa, complesso, incluso nel tallo, con varie cavità polispermali separate da membrane. L’interno contiene molti semi carnosi, di forma prismatica, con testa polposa e tegumento legnoso, molto succosi.
Il frutto maturo è giallo-verde, con aree rossastre che occasionalmente occupano l’intera superficie del frutto.

Varietà e portinnesti

La variabilità genetica è elevata per la maggior parte dei caratteri, sebbene le differenze tra determinate cultivar possono essere piccole. Il melograno può essere classificato in base all’acidità dei suoi frutti: acido, agro-dolce o dolce. Alcune cultivar producono semi duri, tanto da rendere i frutti non eduli e soltanto alcune varietà sono classificate a seme soffice e quindi risultano di interesse commerciale.
In Italia si conoscono le cultivar: Dente di Cavallo, Neirana, Profeta Partanna, Selinunte, Ragana e Racalmuto, tutte agro-dolci o dolci, adatte per il consumo fresco.

Tecnica colturale

Si presta a tutti i sistemi di moltiplicazione, comunque la piu' facile e' quella per talea. Non teme l'eccesso di umidita', ma vegeta anche su terreni molto secchi.

Produzioni

I frutti di melograno hanno proprietà astringenti e diuretiche; vengono generalmente consumati freschi e sono molto spesso usati per preparare bibite ghiacciate (“sherbet”, “sorbet”, “granatina”); in alcuni Paesi i frutti sono usati per la decorazione di macedonie servite in apposite coppe. I frutti, inoltre, possono essere utilizzati nell’industria conserviera per la produzione di succhi, marmellate, sciroppi e sciroppati.
L’epidermide del frutto risulta costituita per oltre il 30% da tannini da cui è possibile ricavare un colorante giallo impiegato nell’artigianato degli arazzi nei Paesi Arabi. Dalle radici è possibile ricavare coloranti utilizzati nella cosmesi. Interessante è anche l’impiego del melograno come pianta medicinale; la corteccia contiene alcaloidi, i fiori ed i frutti tannini e mucillaggini. La corteccia è un potente tenifugo, è velenosa e da usare con cautela; i fiori si usano in infuso contro la dissenteria. Il tegumento dei semi è astringente e diuretico.
La pianta è di grande effetto ornamentale specialmente gli esemplari con branche e tronchi contorti. Tanto il P. granatum, con frutti eduli, quanto il P. nana, a taglia ridotta e con frutti non commestibili, vengono utilizzati in parchi e giardini come piante singole o a gruppi, e soprattutto per realizzare siepi e bordure.

La Fiore di Melograno



Linneo, botanico e naturalista, lo aveva chiamato Punica granatum, pensando fosse di origine
africana; pare che i romani avessero scoperto il Melograno a Cartagine e non avevano esitato a
definirlo il frutto più gustoso del Mediterraneo; tuttavia il Melograno proviene dall’Afganistan e dalla Persia.

E’ usanza per le spose turche scagliare un frutto per terra e si dice che queste avranno tanti figli quanti sono i chicchi usciti dal frutto spaccato. In Dalmazia la tradizione vuole che lo sposo trasferisca dal giardino del suocero al suo una pianta di melograno. Il frutto è simbolo di fertilità e ricchezza proprio per il notevole numero di grani contenuti al suo interno. Nel linguaggio floreale, per il suo colore acceso, esprime amore ardente. Infine c’è chi ritiene che il romano, contrappeso della stadera, tragga la propria forma e il proprio nome dal frutto del melograno; in portoghese, infatti, roman significa melograno.

Per questo un’altra valenza attribuita al frutto e alla pianta è quella di giustizia ed equilibrio.